giovedì 22 marzo 2012

Primarie a Palermo. La casta di centro-sinistra si avvita su se stessa


In questi giorni abbiamo assistito alla kermesse delle primarie del centro sinistra a Palermo e, tra polemiche, accuse reciproche tra i candidati a colpi di social network, brogli elettorali e sparizioni di schede,  non ci si può esimere dal fare alcune  doverose considerazioni per riuscire a  tracciare un’analisi della situazione politica attuale e delineare i possibili scenari politici.
Alcuni elementi di partenza: le tanto declamate primarie, spacciate dalle segreterie politiche come strumenti di reale democrazia partecipativa, si sono di fatto  rivelate una farsaal punto tale da essere più volte rimandate e quasi annullate già dagli stessi organizzatori (sul modello De Magistris). 

Come è possibile? Queste primarie sembrano, e in realtà sono poi state, per l’ennesima volta un esperimento svolto da sapienti -e col senno di poi non così tanto sapienti!- mani di politicanti. Queste candidature sembrano essere frutto di personalismi, non essendosi mai basate su un reale confronto politico con la base (elettorato) :  nello specifico nessuno è stato (e sarà mai?) a conoscenza di quali siano (ammesso che ci siano) le proposte politiche dei candidati per la città ed il territorio, ovviamente al di là della solita retorica populista di berlusconiana memoria, ad uso e consumo delle campagne elettorali, della quale comunque ci sono stati degli accenni, se così li vogliamo chiamare, di profetici contratti lavorativi e tipiche promesse bibliche (!); non si comprende quindi su quali criteri –di norma individuati come politici- si potesse esprimere una differenziazione tra i candidati tale da giustificarne una preferenza, in sede di cabina elettorale, che si fondasse su categorie politiche e non su dati che di politico hanno ben poco, se un non-nulla. Ovviamente è tutto politico invece il dato che il Pd ha cercato di capire che e quali pesci pigliare in un contesto nazionale che lo vede diviso e affossato in una crisi tutta interna al partito stesso. Sotto gli occhi di tutti è il fatto che anche questa volta la Sicilia si riconferma laboratorio di sperimentazione politica: nonostante la crisi trasversale bipartisan che stanno attraversando i partiti politici, il dato politico che emerge da queste elezioni è che ormai il PD è l’ombra di stesso,  arrovellato su giochi di potere interno che si distanziano fortemente dai bisogni popolazione e che contribuiscono ad incrementare quella (sana) sfiducia che la gente ha nei confronti della casta. Ecco quindi fallire il tentativo di Bersani di imporre dall’alto della segreteria nazionale una candidata che piace solo ai salotti dell’antimafia istituzionale, che però non riesce ad interloquire con il tessuto sociale cittadino dei quartieri popolari, che in questa retorica della legalità fine a se stessa, non si riconosce.  Ecco altresì fallire il tentativo di Orlando che sotto mentite spoglie ha tentato di  riciclarsi pur di riprendersi la poltrona.  Ecco fallire il tentativo di Faraone, che sulla scia di Renzi, da rottamatore interno è finito con l’essere rottamato, incapace di parlare i linguaggi del popolo e dei movimenti sociali presenti sul territorio, migranti compresi. Ecco anche fallire i tentativi dell’altra, l'onesta candidata Monastra (candidatura di testimonianza, già colpivolizzata di essere la cuasa della sconfitta della Borsellino).
Non ci stupisce a questo punto il sorpasso di circa 150 schede ( stupido da parte del PD continuare ad denunciare brogli evocando fantasmi berlusconiani invece di accettare la sconfitta politica, che se proprio vogliamo dirla tutta,  se brogli ci sono stati sono stati interni alla sua segreteria) di un giovane candidato come Ferrandelli, che di certo non è esente da criticità e contraddizioni,  ma che sicuramente ha saputo crearsi dei legami col territorio che gli hanno permesso questo, seppur breve, sorpasso. La lezione a questo punto è chiara : paga più il radicamento territoriale che l’appartenenza ad un qualsivoglia partito politico, che piaccia oppure no.  Altra questione cruciale : sono bastate 150 schede  a fare saltare gli equilibri interni al Pd e a mettere in profonda crisi anche il PDL che non sa più chi fare scendere in campo nella corsa alla poltrona di sindaco? E, infine, è stato sufficiente questo doppio salto carpiato mortale per convincere la casta di centro sinistra a mollare tutto e ricominciare daccapo -se mai questo sarà possibile nella politica dello stivale- magari cercando un accordo trasversale tra il partito di Orlando, pezzi di Sel e la Federazione della Sinistra per cercare un altro faccione, possibilmente più spendibile e attraente, da mettere nei cartelloni elettorali che coloreranno la primavera del capoluogo siciliano. Questo il teatrino della politica locale, questo lo scenario futuribile tra un anno, non appena Monti finirà la sua ristrutturazione della fabbrica Italia. Solito scenario, nulla di nuovo quindi sul fronte della casta.


tratto da infoaut.org