Ancora una volta, nella giornata in cui è forte il ricordo di un
incubo che è divenuto simbolo di emancipazione di quello che chiamano sesso debole,
a Palermo si è deciso di scendere in piazza con un corteo. Donne e
lavoratrici hanno attraversato le vie del centro, decidendo di
continuare a caratterizzare una giornata con un messaggio, semplice e
potente : l'unica emancipazione è la rivolta. La mente va alle donne
della Val di Susa, che continuano a supportare e portare avanti la lotta
contro l'alta velocità, alle 239 lavoratrici della Omsa che erano state
messe in cassa integrazione ma che poi, grazie alla
mobilitazione
generale di migliaia di donne in tutta Italia, sono riuscite a far fare
un passo indietro alla azienda, il pensiero va anche alle
casse-integrate della Fiat, a tutte le donne sottopagate e sfruttate, a
tutte le donne che stanno facendo i conti con questa crisi. Si parla,
durante il corteo, anche di tutte quelle donne che continuano a subire
violenze da una società che scivola sempre più verso un maschilismo
sfrenato. Ma, soprattutto, si parla di quelle donne scese in corteo a
fianco di altre donne che conoscono questo periodo buio, che cercano di
emergere dal baratro della precarietà e che non temono la repressione,
sanno cosa vogliono e non hanno paura di prenderselo.
Il
corteo ha attraversato le vie del centro cittadino diregendosi verso il
Palazzo della Regione, unica controparte istituzionale rimasta nella
città, città abbandonata allo sfacelo totale e con la poltrona del
sindaco ancora vuota vista la fuga del fu sindaco Cammarata. Le
lavoratrici vogliono delle risposte, sono stanche della precarietà alla
quale sono relegate e pretendono che le loro richiesta non resti solo
l'eco lontana di una lamentela, ma, cercando di forzare il cordone di
forze dell'ordine vogliono entrare in quel palazzo, vogliono trovarsi
faccia a faccia con chi, giorno dopo giorno, affossa sempre più
quest'isola lasciandola alla mercè della crisi. Le donne, le
lavoratrici, le precarie e le disoccupate hanno le risposte e sanno che
quel che chiedono si può ottere solo con la lotta e senza la paura della
repressione.